Il mio augurio personale
di Rosario De Rosa
‘Settembre, andiamo è tempo di migrare…’: così Gabriele D’Annunzio iniziava i suoi “Pastori”, lirica struggente, mitica, senza tempo, nostalgia dei bei tempi andati.
E così con settembre sono andati via i pastori, è andata via l’estate, sono andati via gli spritz e gli aperitivi in spiaggia; benvenuto autunno, ti aspettavamo, ti abbiamo cercato, stufi della quarantena di questo ventiventi, che non vediamo l’ora che finisca; si, perché abbiamo bisogno che il tempo scivoli via e passi in fretta, speranzosi che il 21 sia davvero migliore di questo (e, forse, non ci vorrà molto…).
Riprende la scuola, con tutte le incertezze e i mille problemi che la stanno caratteriz-zando; riprendono i saluti, le frasi storiche, gli auguri e anch’io voglio unirmi a que-sto coro, a modo mio.
Eh si, perché in occasione del nuovo anno scolastico si sono sprecati i messaggi di saluto e di auguri dei sindaci, del Presidente del Consiglio, del Presidente della Repubblica, persino del Vescovo; parole belle, frasi del cuore o di circostanza, rivolte essenzialmente agli alunni, perché siano, perché facciano, perché bla bla bla.
Con tutto il rispetto per i succitati, vorrei seguire l’esempio di un grande santo: San Giovanni Bosco, il maestro dell’educazione, l’esempio per ogni educatore e per chi ancora crede nel valore del mettersi affianco ai ragazzi ed essere guida, compagno, punto di riferimento; per l’educazione dei giovani infatti Don Bosco ha dato la vita e ancora adesso resta uno dei più grandi “influencer” in campo pedagogico.
E allora ai ragazzi diede una ricetta e agli educatori un’altra.
Quella per i ragazzi si riassume nell’invito dato a Domenico Savio.
Su un biglietto il giovanotto scrisse: «Mi aiuti a farmi santo». Don Bosco chiamò Domenico e gli disse: «Quando tua mamma fa una torta, usa una ricetta che indica i vari ingredienti da mescolare: lo zucchero, la farina, le uova, il lievito… Anche per farsi santi ci vuole una ricetta, e io te la voglio regalare. È formata da tre ingredienti che bisogna mescolare insieme:
– Primo: allegria. Ciò che ti turba e ti toglie la pace non piace al Signore. Caccialo via.
– Secondo: i tuoi doveri di studio e di preghiera. Attenzione a scuola, impegno nello studio, pregare volentieri quando sei invitato a farlo.
– Terzo: far del bene agli altri. Aiuta i tuoi compagni quando ne hanno bisogno, anche se ti costa un po’ di disturbo e di fatica. La ricetta della santità è tutta qui».
Domenico ci pensò su: i primi due ingredienti gli pareva di averli, nel far del bene agli altri, invece, qualcosa di più poteva fare, pensare, inventare; e da quel giorno ci provò. Papa Pio XII lo dichiarò Santo il 12 giugno 1954, il primo santo di 15 anni.
E quella per gli educatori si riassume in una frase: «Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi».
Forse la santità è una parola grossa, forse, prima di diventare santi, i nostri ragazzi dovranno imparare a essere uomini… E questa è davvero un’altra storia.
Auguri!