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Quando giocai sotto la neve

di Rosario De Rosa

Ora la primavera sta muovendo i suoi primi passi e il freddo e il gelo (l’ultimo è stato Burian) sembrano già uno sbiadito ricordo, però, dai, che cosa c’è di più bello di una partita di calcio? Una partita di calcio sotto la neve!
Quante volte, per chi ha giocato a calcio, è capitato più di una volta di svolgere allenamenti o partite in condizioni climatiche avverse: pioggia, vento o addirittura neve. I campi in terra battuta diventano dei propri campi di battaglia fangosi e con ampie pozzanghere in tutto il terreno di gioco; per il calcio “minore” spesso questa situazione è sinonimo di grandi battaglie e tanto divertimento, ma quando ci si sposta nel calcio professionistico le cose sono ben diverse: in palio ci sono trofei importanti, soldi e carriere messe in pericolo. Insomma, le condizioni climatiche spesso portano rogne: c’è chi ha perso un campionato a causa della pioggia, chi ha subito pesanti sconfitte sempre a causa di condizioni climatiche avverse.
Chiedetelo alla Juve, eliminata dalla Champions dal Galatasaray qualche anno fa dopo un’assurda gara sotto la neve, così da far dichiarare ad Antonio Conte: “This is no football!”.
Che detta così è bello, vedi le righe rosse, il pallone rosso, i giocatori si inzuppano tutti, ti diverti a vedere gli scivoloni… Bello, dite voi.
Ma avete mai provato a giocare sotto la neve? Io si e vi assicuro che non è così la stessa cosa vederla in tv!
Per noi portieri giocare sotto la neve significa restare con i piedi immersi nell’acqua (gelida e rigida) per novanta minuti fissi, vedere il pallone all’ultimo momento, rischiare per ogni minimo tiro che arriva in area, perché la palla rossa schizza e corre all’impazzata proprio come un Super Santos.
Vi assicuro che se vuoi augurare il male a un giocatore, fallo giocare sotto la neve!
Quando giocai io, da giovanotto intraprendente, andammo in un paesino improbabile e improponibile, che si era mobilitato tutto per far giocare la propria squadra, nonostante le condizioni meteo avverse. E ci erano pure riusciti, con il loro bell’effetto: le linee rosse, i palloni rossi, il thè caldo a bordo campo per tutti (arbitro compreso, anche se nello specifico io gli avrei dato un po’ di lassativo…)!
Dopo un’ora abbondante (un’ora sotto la traversa a beccarmi il freddo, il vento gelido e tanto freddo nelle ossa) la neve smise di cadere e quella per terra, dopo le varie azioni nel campo, diventò fango: freddo, tagliente, nemico!
La bella poesia del calcio sotto la neve, del prato bianco, delle righe colorate, al di là dei commenti epici e dei ricordi nostalgici, si tramuta, nel giro di qualche ora, in raffreddori, febbri e dolori vari!
Noi, dalle nostre parti, la neve la vediamo due-tre volte nella vita, pensa un po’ lì dove si gioca e ci allena all’ordine del giorno: non li invidio proprio!

 

Redazione Solofoggia.it

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