Quotidiano sportivo a cura di Alberto Mangano e Giovanni Vigilante
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La solitudine del giorno dopo

Il giorno dopo è ancora più brutto mi diceva un amico stamattina. Il giorno della sconfitta hai ancora l’adrenelina dell’attesa, della gara, hai ancora la possibilità di sfogarti con chi ha condiviso con te quei maledetti novanta minuti, il giorno dopo no, resti solo con i tuoi pensieri e la tua delusione.
Con il tempo tutto passerà, diventeranno sempre più sfuocate le immagini che ti condannano, questa volta sicuramente ingiustamente.
Resterà la tristezza di raccogliere i cocci e ripartire da quel punto che stavi per abbandonare trionfalmente. Alla fine tu hai perso, gli altri hanno vinto. Diceva Julio Velasco che subito dopo ti daranno una pacca su una spalla perchè hai perso una finale per un sol punto ma alla lunga tutti ricorderanno solo che hai perso e che qualcun altro ha vinto.
Questa volta però hai compreso che è più difficile ripartire perchè hai toccato con mano che qualcosa non è sembrato trasparente, che la cosa potrebbe ripetersi in futuro. L’interesse intorno al Foggia fa paura. Non avevamo bisogno della diretta TV in tutto il mondo, i foggiani la partita la vedono sempre e comunque. Quelle immagini son servite a chi ci tifava contro, e ne abbiamo, o magari per una tifoseria del Lecco della quale il sottoscritto non è a conoscenza. La tifoseria rossonera, rapportata al bacino di utenza, alla dimensione della città, tra l’altro in difficoltà secondo tanti punti di vista, è senz’altro la più grande d’Italia. Una tradizione ed una fede che si tramandano da generazioni senza tentennamenti, senza cali di tensione.
A Foggia è chiaro e lampante, si continua a vivere di pane e pallone.
Sarà forse veramente questo il limite per scontrarci contro certi poteri forti?
Non siamo piagnoni, nella nostra storia siamo stati capaci anche di accettare le sconfitte, le abbiamo metabolizzate e siamo sempre ripartiti. Siamo ripartiti anche quando si evitò di far disputare i playout in serie B dopo la penalizzazione del Palermo perchè forse per qualcuno è giusto che il Foggia marcisca là, che non emerga, che non dia più fastidio.
Foggia tornerà alla ribalta per qualche fatto spiacevole, la Lega si ricorderà di noi tra qualche giorno probabilmente per la solita multa dei fumogeni sugli spalti a Lecco. E meno male che ci facciamo riconoscere per le coreografie, vedremo cosa saprà fare chi ha conquistato la serie B al posto nostro. Non farà notizia il tifoso aggredito nel civilissimo nord solo per aver indossato la sua maglia del cuore. Non farà notizia nemmeno l’accoglienza dei tifosi lombardi a Foggia con pizza e birra, che voui che sia, questo è normale, i terroni hanno fatto il minimo. Bisogna parlar male del Foggia sempre e comunque.
Noi però abbiamo una missione da compiere, dobbiamo continuare la tradizione partita dai nostri antenati e che dobbiamo trasferire ai nostri giovani. Dobbiamo riportare allo stadio tutti quelli che si sono avvicinati tramite i playoff, anche coloro che pensavano che il calcio fosse praticato da deficienti che corrono dietro ad un pallone e che ora piangono come tutti gli altri.
Tranquilli tutti, dobbiamo conti uare a pensare che il calcio non sia solo quello visto nella doppia finale, che la favola che si è interrotta per via dell’ultima pagina del libro strappata, può e deve ripetersi.
Feriti ma non morti.
Ripartiamo da quelle bandiere dei tifosi più piccoli, quelle, che come dice Antonio Di Donna, devono continuare a sventolare.

(Ph. Alessandro Forcelli)

Alberto Mangano

Giornalista sportivo , opinionista televisivo. Tra le sue collaborazioni quella con Il Mattino di Foggia. Autore del sito www.manganofoggia.it sulla storia, la cultura e le curiosità sulla sua città. Autore inoltre di diversi libri su Foggia e sul Foggia.
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