Quotidiano sportivo a cura di Alberto Mangano e Giovanni Vigilante
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Una bandiera difficile da ammainare

Mi chiamo Francesco Totti“, un film documentario che avrebbe meritato forse la recensione di qualche esimio critico, quale io non sono, ma mi piace parlare di Totti guardando quelle scene, non fosse altro per le lacrime che son state capaci di farmi scendere lungo le guance. Sono un semplice appassionato di calcio, uno dei 65 milioni di commissari tecnici italiani e, se vogliamo dirla tutta, il primo gol di Totti in serie A riuscì anche a dare un dipacere a me e ai tanti tifosi del Foggia quel 4 settembre del 94 all’Olimpico. Quel dispiacere, in tutta onestà, fu ampiamente compensato dalle sue imprese in azzurro, sicuramente tante, dal cucchiaio a Van Der Sar agli europei del 2000, a quegli occhi fissi e inquietanti dinanzi a quel bivio rappresentato da un rigore contro l’Australia, rigore che avrebbe spianato la strada alla conquista dei titolo mondiale.
Ma la grandezza di questo campione va oltre le sue indiscusse capacità tecniche che hanno caratterizzato la vita di tanti campioni. La grandezza è nella valutazione del Totti uomo, magistralmente raccontato nelle sequenze del film, un uomo che riesce a rimanere il semplice ragazzo che giocava nel cortile di una scuola, che riesce a mantenere le sue amicizie di sempre, che riesce a non farsi travolgere dalla fama e dal successo.
Totti è un ragazzo che, come tanti, ha iniziato a giocare in strada, che magari ha avuto la fortuna di prendere al volo un treno che passava, ma alle volte tutto questo non basta, è necessario anche saper restare con i piedi per terra soprattutto quando ti rendi conto che la natura ti ha dato delle doti non comuni anche rispetto a tutti quelli che sono riusciti a salire sul tuo stesso treno.
È difficile pensare ad un campione che cerca di vivere semplicemente, che resta timido nel momento in cui deve dichiarare il proprio amore, che resta ancorato ai suoi valori di appartenenza, riconoscente per esser riuscito ad indossare la maglia della sua squadra del cuore, quella che sognava da bambino, quella maglia che non avrebbe più lasciato nemmeno davanti ad offerte obiettivamente irrinunciabili. Totti rappresenta i veri valori dello sport e della vita, dai primi calci da bambino su una spiaggia sino alle lacrime del 28 maggio 2017 che accompagnavano una frase scolpita nel cuore di tanti: “Spegnere la luce non è facile, adesso ho paura
La vita di quest’uomo, il suo essere vero, i suoi nobili valori andrebbero insegnati a tutti quei ragazzi che si avvicinano al mondo dello sport, qualunque sport, in qualsiasi parte del mondo perchè riavvicinano la gente ad una realtà che spesso ha fatto vedere tutt’altro, una realtà che spesso non ha saputo insegnare nulla.
Quel giorno allo stadio piangevano tutti, bambini, adulti, anziani e quelle lacrime raccontano che una bandiera resta sempre issata quando l’asta è solida ma che anche le lacrime di chi come me che non è giallorosso ed ha conosciuto Totti per un torto fatto alla sua squadra, sono sicuramente altrettanto capaci di dire che quella bandiera non è stata mai ammainata.

Alberto Mangano

Giornalista sportivo , opinionista televisivo. Tra le sue collaborazioni quella con Il Mattino di Foggia. Autore del sito www.manganofoggia.it sulla storia, la cultura e le curiosità sulla sua città. Autore inoltre di diversi libri su Foggia e sul Foggia.
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