Un popolo che aspetta!

È una città in ansia, una città che aspetta, una città che alterna la speranza allo sconforto. Questa è una città che non si è abituata agli alti e ai bassi che il “dio pallone” le ha dato. Titoloni sui giornali nazionali alternati a cronache di partite su campi impolverati e anonimi di chissà quale località sperduta e difficile da individuare sulla cartina stradale; ovazioni e speranze nate in un cinema foggiano per il ritorno della storia per poi ritrovarsi, dopo solo due anni, cancellati da ogni campionato per una iscrizione che non riuscì ad arrivare sul filo di lana.
La città ha reagito sempre, ha incassato, non ha mollato, ha continuato a sperare in un domani radioso, un domani vero, non uno di quello promesso incautamente da chi veniva, si affacciava e puntualmente spariva.
Il 22 giugno, anche se solo per una richiesta fatta dalla Procura Federale, questa gente ha riprovato quei momenti, quei maledetti momenti che pensi di aver cancellato per sempre che ritornano sempre preoccupanti, solo un anno dopo aver toccato il cielo con un dito in quel 23 aprile 2017 che difficilmente potrà essere dimenticato.
Oggi è una giornata lunga, oggi qualcosa può succedere, oggi ci si può svegliare da un incubo o continuare a vivere con la solita ansia, alla ricerca di chi ne sa più di te e che può darti una parola di speranza, quasi una certezza. È questo il modo per restare aggrappati ad un tronco in mezzo ad un mare che ti sembra una ingiustizia, un mare che vuole inghiottirti, un mare nel quale pensavi non doverti ritrovare più.
A Foggia abbiamo sempre quel tronco chiamato speranza che ha navigato mari anche più burrascosi e che non è mai andato giù. Questa gente vi è saldamente aggrappata in attesa di quella scialuppa che l’accompagni in un porto sicuro, quel porto che si pensava aver raggiunto e meritato da tempo.