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Una quasi impresa ma senza personalità

Una sconfitta che brucia soprattutto per come è giunta al di là delle scelte iniziali di Somma e alla prestazione sicuramente sotto tono.
Il limite tra l’impresa e la disfatta è stato impercettibile, passando dai piedi di Petermann e Ogunseye e terminando su quelli di Di Gaudio. Difficile in queste situazione riuscire a dare un giudizio equilibrato sui meccanismi che hanno portato il Foggia alla ennesima debacle per 2-3.
L’Avellino, pur in vantaggio, non sembrava padrone della gara, temeva il Foggia e la conferma arrivava dalle tante palle buttate fuori dai biancoverdi per evitare brutte sorprese. Qui il Foggia ha sbagliato a non infierire su un avversario che non mostrava la sua superiorità in campo.
L’atteggiamento dei rossoneri era ancora più inspiegabile quando, raggiunto il pari sino ad allora insperato, sulle ali dell’entusiasmo, non riusciva a premere sull’acceleratore per chiudere la gara a suo favore. La stessa ghiotta occasione sfumata a pochi minuti dal termine arrivava su un’azione di rimessa, intermezzo di una manovra che, se pur sterile, era di matrice irpina.
Possiamo pensare di parlare e riparlare degli uomini, dell’assenza di Leo, della posizione in campo di Petermann ma al Partenio è mancata la personalità, la squadra faceva paura forse solo sulla carta.
In questo caso, anche con tutti i titolari, anche al pieno della forma fisica, senza la personalità, senza la giusta determinazione, sicuramente non si va da nessuna parte.