Quello che si doveva vedere contro il Verona si è visto. A distanza di soli tre giorni si è visto tutt’altro, si è vista la grinta, la voglia di dimostrare il proprio valore. Si comincia a vedere il Foggia di Padalino, si è vista la compattezza tra i reparti con una tattica che è difficile forse da decifrare ma che di certo era incentrata sul gioco di due play come Gerbo e Agnelli che hanno rappresentato l’anima di questa squadra, due gladiatori che sono stati capaci di impostare ma soprattutto di mantenere alto il baricentro. Si è vista poi la consapevolezza dei propri mezzi grazie ad una formazione che, non soffrendo di timori reverenziali, prevedeva il tridente con Kragl che aiutava nella fase offensiva.
Una buona base di partenza per mister Padalino che avrà da lavorare ma sapendo di poter operare su un substrato vivo e non su una base apatica, svogliata e priva di idee che si era palesata a Perugia.
Problemi risolti? Assolutamente no, la classifica è sempre lì a ricordarlo. Si è respirata comunque aria di calcio, quello vero, quello legato a trame di gioco, veloci verticalizzazioni e non solo a invenzioni dei singoli.
Con il Verona si è vista una squadra, che andrà sì puntellata è vero, ma che sopratutto andrà guidata in un nuovo percorso di crescita tecnico-tattica e di aumento di capacità fisico-atletiche.
Peccato. Il risultato avrebbe potuto premiare la squadra che obiettivamente ha giocato meglio dell’altra, che ha avuto sul piede di Galano la possibilità del KO fallita forse più per merito del portiere che per demeriti del n.18 rossonero. Il risultato non avrebbe fatto una grinza, anche perchè gli uomini di Padalino hanno saputo far fronte a momenti delicati del match, momenti che necessitavano di una forza agonistica che è propria di chi sa buttare il cuore oltre l’ostacolo.
Grazie Padalino, hai fatto rivedere alla tua gente una vera squadra, hai ridato la speranza, hai fatto uscire la gente dallo stadio, anche se con un punto solo, con il sorriso sulle labbra.