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Una storia senza il lieto fine

Di solito il giorno dopo nel calcio è sempre stato il giorno delle riflessioni, delle analisi a freddo, delle valutazioni più o me o obiettive. Di solito si analizza una brutta prestazione, un risultato sfavorevole cercando di analizzare la parte piena di un bicchiere. Oggi purtroppo non è così, oggi è difficile ricominciare. È praticamente impossibile rituffarsi nel calcio giocato cercando di capire come si stia preparando la squadra per affrontare la gara di domenica prossima, chi giocherà, quali saranno le mosse tattiche che guideranno i calciatori in campo. Questa volta non è così.
Non esiste nessun errore di un calciatore, in campo o in allenamento, che possa giustificare, nemmeno parzialmente, un atto delinquenziale così come non esiste nessun commento che possa autorizzare chicchessia a minacciare un giornalista.
Non si intravede più quell’entusiasmo che accompagnava il Foggia durante la settimana, non ci sono più i ragazzini che aspettavano i calciatori fuori lo stadio per una foto o un autografo sul pallone. Il calcio era questo a Foggia. Questo calcio non c’è più. Emergono livore, rabbia, contestazione e, cosa più grave, forte disinteresse. Il calcio da queste parti sta morendo e la colpa è di TUTTI. Forse 100 anni son bastati a raccontare una favola ma questa volta non c’è il lieto fine, dobbiamo essere maturi e comprendere che è così.
Un tempo la tv nazionale si interessava dei risultati dei rossoneri, quelli targati Zeman, De Zerbi, Stroppa. Oggi si interessa degli episodi di cronaca mortificando una comunità che forse non ha più nemmeno la forza di reagire.
Forse il Big Ben ha detto stop. A Foggia il calcio non può diventare un male necessario, il calcio non può dividere. Significherebbe solo mortificare la sua Storia, quella con la “S” maiuscola. Oggi non ci sono vittime e carnefici, oggi abbiamo perso tutti.
Non facciamo finta che non sia successo niente. Ormai la voglia di rmboccarsi le maniche non c’è più.