La notizia dell’esonero di Zeman resta sempre una notizia. Sono tanti gli allenatori che vengono mandati a casa ma spesso il tam tam del web e della stampa in generale dura giusto il tempo di una giornata, poi tutto va nel dimenticatoio.
Per Zeman no, se ne parla sempre a lungo e non sempre in modo positivo. Hanno ragione quelli che lo chiamano Maestro ma hanno ragione anche quelli che dicono in tanti anni non ha vinto niente, lo accusano quelli che gli contestano il fatto di aver fatto le sue fortune in un mondo che lui condannava ma è sotto gli occhi di tutti la capacità di lanciare, ad alti livelli, calciatori che altrimenti si sarebbero persi nelle serie minori.
Insomma non c’è dubbio, Zeman resta l’uomo che nel calcio ha fatto sempre parlare di sè nel bene e nel male.
Tutto questo poi a Foggia risulta notevolmente amplificato per i suoi trascorsi, soprattutto quelli degli anni 90.
Dire che il boemo viene ricordato per Zemanlandia è troppo riduttivo e non rende merito a chi, in quegli anni, seppe fare qualcosa di importante a Foggia e nel Foggia. Da qui cambiò il modo di giocare a calcio. Sembrava che la sua innovazione fosse solo quella di una zona totale che ricordava l’Olanda degli anni 70 ed invece velocizzò i movimenti, puntò ad un gioco offensivo che pensasse soprattutto a fare un gol più dell’avversario e non a subirne uno di meno.
Da allora il calcio cambiò e cambiò da Foggia.
Da Foggia si comprese che si poteva attuare un gioco di squadra che andasse oltre le individualità e che si potevano affrontare squadre di serie A con Caini, Nicoli, Sciacca e Seno. Da Foggia si comprese che un portiere potesse partecipare alla costruzione del gioco utilizzando i piedi e non solo le mani.
Questa rivoluzione partì da Foggia e questo resta un dato di fatto.
Poi hanno ragione tutti ma consentiteci di esser rimasti affezionati a chi contribuì a farci conoscere e invidiare da tutta l’Italia intera.