La paura, il nemico numero uno.
La paura di non farcela, la paura di vanificare il traguardo raggiunto due anni or sono, quella paura che dopo un gol ti mette nelle condizioni di pensare che ne puoi prendere un altro, la paura di guardare quella palla calciata dal dischetto.
Gli avversari del Foggia non sono il Venezia o il Livorno, squadre di gran lunga alla portata dei rossoneri, ma è proprio quel timore che all’improvviso fa cambiare rotta alla squadra, al tecnico, ai tifosi sugli spalti, praticamente a tutti.
Ognuno intravede lo spettro del futuro, quel futuro fortemente incerto e buio. Ognuno però sa che su quei gradoni ci sarà sempre perchè il Foggia non può finire, perchè questa città non può perdere pure il calcio, perchè i foggiani sparsi nel mondo non possono perdere quel cordone ombelicale che li lega alla propria terra, alle proprie origini.
È il tempo in cui si fanno previsioni, si stilano tabelle, ci si rende conto che non è finita, che è dura ma possibile, non bisogna solo crederci, bisogna pensare che una partita dura 95 minuti e che 4 gare forse sono ancora tante, troppe per pensare di alzare bandiera bianca. Bisogna pensare che a Cremona si può anche andare sotto ma subito dopo si può e si deve reagire, non bisogna lasciare i remi sperando che la barca vada da sola guidata dagli eventi.
Dobbiamo farlo tutti, in campo e fuori, perchè su quei gradoni dove siamo cresciuti vogliamo continuare a vivere le nostre emozioni, vogliamo continuare ad illuderci, a sognare, ad imprecare, a vivere.
Voltiamo pagina e dimostriamo tutti insieme che nulla è ancora perso.