Solofoggia.it

Quanto vale la vittoria dell’Italia

di Mimmo Attini
Secondo uno studio di economisti, la vittoria agli europei vale uno 0,7% di PIL equivalente a 12 miliardi di euro. Probabilmente per l’Italia qualcosa in più. Questo giustifica la frase di Churchill che “gli italiani perdono le partite di calcio come fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”.
Ma questa volta l’Italia ha vinto dopo 53 anni. Un trionfo straordinario se si pensa che, solo nel 2017, venivamo esclusi dai mondiali.
Sappiamo che la FIGC porterà a casa circa 25.5 milioni grazie alla vittoria agli europei della Nazionale. Ovviamente svariati milioni verranno suddivisi tra i vari club che hanno prestato i giocatori alla causa azzurra. Ma per tutti gli italiani cosa accadrà? Secondo una stima fatta da diversi economisti, il sistema economico italiano vedrà una crescita costante del prodotto interno lordo con un aumento di oltre 12 miliardi in un momento di grande ripresa dell’economia dopo l’emergenza Covid.
In effetti, il successo calcistico si traduce in prestigio internazionale e cioè un forte aumento del Made in Italy. Questo successo significa “credibilità” di tutto il comparto Italia. Si tratta di maggiore richiesta estera dei nostri prodotti senza dimenticare l’impatto positivo sui flussi turistici stranieri dove già si stima un aumento del 32% rispetto allo scorso anno.
L’Italia vince e vince il Made in Italy. Vince la nostra credibilità. Vince la credibilità sportiva di Matteo Berrettini che lotta con tutte le sue forze a Wimbledon per poi arrendersi a quel “mostro” di Djokovic. Lui sorride, ringrazia il pubblico, omaggia la forza disumana del tennista serbo ma promette di riprovarci. Vince la credibilità di un gruppo musicale romano come i Maneskin che sono tra i più ascoltati al mondo nella global chart di Spotify. Vince la credibilità interazionale di Mario Draghi a cui è affidato il compito del rilancio internazionale dell’Italia e dell’Europa. Vince la serietà e il senso di amicizia della squadra di Roberto Mancini e del suo staff.
Certo per tantissimi tifosi tutti questi calcoli economici non contano molto. Vincere è bello, è scendere in piazza con gli amici per festeggiare, è gioire con il proprio figlio sulle spalle mentre passa il pullman degli azzurri, è sfottere gli avversari per aver festeggiato in anticipo.
Ma sarebbe altrettanto sbagliato ergersi a maestri di fair play. Il calcio, ad ogni latitudine, ha i suoi vizi, i suoi spigoli, le sue brutture. È sicuramente incivile fischiare l’inno nazionale ma non dimentichiamo che ad Italia ’90 siamo stati proprio noi a fischiare l’inno argentino per “colpire” Maradona. E quanto è offensivo sentire uno stadio intero urlare “merda” al portiere avversario nel momento del rilancio? Per non dimenticare i cori razzisti che ancora si sentono in ogni stadio del mondo. Se poi ci mettiamo l’effetto social allora sembra quasi lecito sdoganare gli insulti (e non si parla di sfottò) ad un ragazzino reo di aver esultato per il gol della propria squadra.
Abbiamo ancora tanto da fare, tutti dobbiamo ancora imparare tanto.
Per ora ci godiamo il successo e la credibilità del nostro Made in Italy perché in fondo credibilità significa serietà e noi abbiamo proprio bisogno di gente seria.