di Rosario De Rosa
Siamo al 17 ottobre e l’estate sta vivendo un fantastico colpo di coda, fatto di belle giornate, di sole e di luce; vorrei condividere con voi, per oggi e nei secoli in eterno, il ricordo di due grandi figure, diverse tra di loro per origine e vita, ma uguali nel proposito superbo della loro morte: sant’Ignazio di Antiochia e Salvo D’Acquisto.
Ignazio era un vescovo dei primi tempi del Cristianesimo, siamo proprio nell’anno 107 e Traiano, l’imperatore romano, si divertiva a vedere i cristiani sbranati dai leoni o ammazzati dal gladiatori; e così venne condannato a morte, che affrontò con serenità e coraggio: «Sono frumento di Cristo e debbo essere macinato dai denti dei leoni; se questi divenissero mansueti e volessero risparmiarmi, io stesso li aizzerò: le mie catene gridino a voi di stringervi in un’incrollabile armonia di fede e di preghiera».
Raccontano gli agiografi che accarezzò i leoni prima di essere da loro azzannato e ucciso, con entusiasmo morì per Cristo e per la sua fede in Lui.
Salvo D’Acquisto è stato un giovane di 23 anni, vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri, insignito della Medaglia d’oro valor militare alla memoria per essersi sacrificato il 23 settembre 1943 per salvare un gruppo di 22 civili che, durante un rastrellamento delle truppe naziste, erano destinate alla fucilazione e sarebbero morte se lui non si fosse offerto al posto loro: «Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!» disse prima di morire fucilato dai nazisti. Per questo suo nobile gesto, segno di una vita donata per gli altri, Giovanni Paolo II lo proclamò Servo di Dio in attesa di essere beatificato e, chissà un giorno, reso Santo; ogni Caserma o Stazione dei Carabinieri ha un quadro o un’immagine a lui dedicata e anche il nostro Comando Provinciale è a lui dedicato.
Questi due valorosi, morti per l’Altro e per gli altri, ci ricordano che il bene vince sempre e dura in eterno; ogni volta che si compie un atto di bene, piccolo o grande che sia, si accende una luce che non muore mai!
I nobili gesti di Ignazio e di Salvo ci testimoniano che c’è qualcosa o qualcuno che è più importante, anche della propria vita, e per cui vale la pena vivere e, se necessario, morire.
Dovremmo dirlo un po’ di più a noi stessi e ai nostri ragazzi, così come recita la fine della Preghiera del Carabiniere alla Virgo Fidelis:
«E da un capo all’altro d’Italia suscita in ognuno di noi l’entusiasmo di testimoniare, con la fedeltà fino alla morte, l’amore a Dio e ai fratelli italiani».