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La solitudine del numero uno

di Mimmo Attini

Minuto ventinove, Guarna sbaglia un passaggio e regala la palla a Nenè che entra in area e realizza il pareggio per i baresi.
Commentare il derby tra Foggia e Bari non può non partire da questo episodio, perché l’erroraccio di Guarna rappresenta la spartiacque tra la partita sul campo e quella che tutto lo “Zaccheria” ha vissuto come un incubo.
È vero, tante volte abbiamo detto che uno sbaglio lo può commettere chiunque: un attaccante che “si mangia un gol fatto”, un centrocampista che svirgola un passaggio elementare, persino l’arbitro. Ma un “infortunio” del portiere ha un altro peso.
Ha un peso psicologico nei confronti dei suoi compagni di difesa che non vedendolo sicuro evitano di ritornargli il pallone rischiando a volte nei passaggi, ma soprattutto affossa i sogni di uno stadio intero. Sia chiaro,  è umano e può errare, ma farlo su una rimessa dal fondo, quando non sei pressato e  consegni la palla al centravanti avversario è inspiegabile. 
In quel momento la partita ha scritto il suo epilogo sancendo il contraccolpo definitivo per tutto lo stadio.
Il pubblico era quello delle grandi occasioni, con una doppia coreografia della Sud da pelle d’oca. In 16.000 erano accorsi ad incitare i propri beniamini.
Ma dopo quel maledetto rinvio tutto è cambiato; da quel momento Guarna da una parte e  la squadra del Foggia dall’altra. Vi era un ragazzo che stava vivendo il suo peggiore incubo con uno platea delusa che gli urlava contro.
Quell’errore ha chiuso il derby, anche se ad inizio ripresa il pubblico ha cercato di rincuorare il portiere, che anche se veste una maglia diversa è sempre un rossonero, con un applauso prolungato.
Il Foggia ha 51 punti e può ritenersi salvo. Ha ancora qualche chance per i play-off. Ora tocca al mister ricompattare la squadra e ridare fiducia ai suoi ragazzi.
Forse la cosa più bella da cui ripartire è proprio quell’applauso ad inizio ripresa per incoraggiare Guarna.
Ma si sa…il ruolo del portiere sarà sempre, nel bene e nel male, un ruolo in perfetta e maledetta “solitudine”.