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Il difficile mestiere del giornalista

Questa volta ho scelto il silenzio!
Lo so, forse ho preso la strada più semplice, la più comoda dopo la delusione del derby ma forse anche per questo non diventerò mai un bravo giornalista. Una leggera indisposizione non mi ha permesso nemmeno di partecipare a trasmissioni televisive o radiofoniche per cui ho detto poco questa volta del Foggia e del derby.
Sarei stato bravo a commentare la vittoria di Zenga ad Udine, forse avrei scritto un articolo con il plauso del mio direttore ma solo perché avrei fatto esclusivamente il mio dovere di giornalista.
Quando si deve dare un giudizio bisogna essere non coinvolti, non puoi dare giudizi su eventuali accordi politici per formare il nuovo governo se hai una tessera di partito in tasca.
Il derby mi ha fatto capire chi sono, che forse non sempre i miei giudizi sul Foggia sono imparziali, che forse l’anima del tifoso alla lunga prende il sopravvento e diventa devastante.
Nel 2010 andavo allo stadio con mio padre e mio figlio. Era l’anno del novantennale, della possibile rinascita del giocattolo grazie a Casillo e a Zeman. Tre generazioni che soffrivano e gioivano insieme e ormai non c’era più il nonno che evidentemente aveva seminato bene. Allora capii che certe cose le hai nel DNA, arrivano da sole, non riescono a non far parte di te. È questo è successo a tanti foggiani, a tutti i foggiani.
Sabato sera mi sono chiuso in me stesso, ho cercato di leggere qua e là con poca voglia, volevo che passasse subito la settimana, che si parlasse d’altro.
Da un lato avrei voluto chiedere spiegazioni al portiere della mia squadra, al mio allenatore, avrei voluto sapere perchè ostinarsi ad un eccessivo tatticismo, perchè non provare anche una giocata “sporca” che ogni tanto ti toglie dagli impicci e dalle responsabilità. Poi magari guardo la classifica, mi rendo conto che sono al nono posto (al 29esimo posto in Italia direbbe il mio amico Baldassarre) e capisco che forse ciò è dovuto anche al gioco del portiere che resta l’elemento, tra gli undici, a toccare più palloni di tutti e ad un allenatore che si è affidato solo ed esclusivamente al gioco propositivo.
Senza l’errore avremmo portato a casa un risultato diverso? L’istinto mi dice sì ma poi, facendo riferimento alle parole del mister riguardo al nonno e ad un merlo, dico che forse bisogna provare a voltare pagina e a pensare al futuro immediato. A Foggia voltare pagina dopo una partita ci risulterà facile, siamo stati abituati a chiudere capitoli interi e tomi voluminosi.
La storia recente ci racconta che a quattro punti dall’orizzonte il Napoli può crederci nella bolgia dello Juventus Stadium, a Cittadella dovrebbe essere, almeno dal punto di vista ambientale, più semplice.
Allora consegnamo il derby alla storia. Purtroppo in certe partite gli errori sono come i diamanti, sono per sempre soprattutto se tocca al portiere commetterli. Ne sa qualcosa Antonioli che regalò nel finale un gol a De Agostini nel derby della Madonnina del 92.
Al di là dei singoli, delle scelte, dei giudizi, delle critiche, ora è il momento delle pacche sulla spalla, a tutti, indistintamente.
Riguardo al sottoscritto, fin quando non verrà chiamato da una rete nazionale per commentare la Juventus, il Milan o il Sassuolo, dovrete accontentarvi del commento di un giornalista che si sforza di essere obiettivo ma con la difficoltà legate a un DNA irrimediabilmente compromesso.