di Massimiliano Contini
Caro diario rossonero le ultime pagine del 2019 stanno segnando piano piano la fine di quest’anno calcistico che per i colori rossoneri ha rappresentato, da un punto di vista emotivo, un’altalena di emozioni pazzesche che hanno messo a dura prova le coronarie di tanti tifosi foggiani.
Nella speranza che il 2020 rappresenti l’inizio della risalita nel calcio professionistico voglio in questi ultimi attimi del 2019 ricordare una persona che non tanto tempo prese in mano le redini di un Foggia Calcio disastrato e privo d’entusiasmo e che trasformò in sole due stagioni la depressione in euforia e la tristezza in gioia, passione ed entusiasmo travolgente.
Sto parlando del tecnico bresciano Roberto De Zerbi, l’uomo che riportò la gioia di tornare allo Zaccheria dopo tantissimo tempo.
Oggi se dovessi spiegare a dei giovanissimi tifosi del Foggia chi era e cosa ha rappresentato il buon Roberto De Zerbi per la causa rossonera, non esagererei dicendo che De Zerbi sta al Foggia cosi come Guardiola sta al Barcellona e Lippi alla Juventus. Erano stagioni buie quelle dove il Foggia si, era in serie C ma l’entusiasmo della piazza stava toccando oramai i minimi storici visto quello che la compagine pugliese riuscì a realizzare con Zeman a metà degli anni 90. Dalla serie A fino a sfiorare per una manciata di punti l’ingresso in Coppa Uefa (l’attuale Europa League) a giocare contro Nocerina, Brindisi, Fasano e tante altre squadre di basso rango, rappresentavano per la maggioranza dei tifosi rossoneri quasi un’ atto di sciacallaggio del glorioso passato rossonero. Ecco perché agli inizi degli anni 2000 lo Zaccheria più che uno stadio di calcio sembrava una grande cattedrale nel deserto…
Poi arrivo lui, il buon Roberto che con poca esperienza riuscì però a calarsi umilmente nella realtà rossonera e con sacrificio e lavoro volle fortissimamente scrivere accanto la parola “Zemanlandia” “De Zerbilandia”.
Appena arrivati a Foggia gente che ora gioca in serie B come Alberto Gerbo e Pietro Iemmello non sapevamo nemmeno che fossero dei calciatori, eppure Roberto riuscì a trasformare buoni giocatori in grandi condottieri i quali riuscivano a coniugare sul campo ogni domenica l’egoismo personale e il collettivo. Ormai lo Zaccheria era diventato una sorta di Colosseo calcistico. Il pubblico era come se giocasse insieme alla squadra. Si vinceva e si perdeva, ma alla fine in entrambi i casi la truppa guidata dal capitano bresciano usciva dal campo sempre a testa alta. Personalmente il momento più alto del “ De Zerbinismo” l’ho percepito nella semifinale playoff di serie C (22 maggio 2016) quando allo stadio Via del Mare non scese in campo una semplice squadra calcistica, ma soprattutto nella prima frazione di gioco la truppa di De Zerbi giocò come se si giocasse in un videogioco. Verticalizzazioni rapidissime e possesso palla ipnotico e sotto i colpi di Iemmello(2 volte) e Vincenzo Sarno misero al tappeto la compagine salentina, che soprattutto nella prima frazione di gioco fu messa K.O.
E’ vero che in serie B poi ci portò ufficialmente Stroppa, ma colui che a mio avviso costruì le solide fondamenta per il salto di categoria fu senz’altro il tecnico bresciano, che di fatti oggi allena in serie A con grande successo.
Poi è vero la storia dice che De Zerbi perse la finale contro il Pisa di Gattuso, ma si sa che lo sport è fatto anche di piccoli dettagli che determinano il sottile equilibrio tra la vittoria e la sconfitta. L’importante è a mio avviso emozionare e Roberto con la sua umiltà, la sua passione e la sua grinta genuina ha ripopolato quello che fino a poco tempo prima era come scrivevo poc’anzi una cattedrale nel deserto piuttosto che uno stadio festante.
Caro diario e caro giovane tifoso rossonero, per l’anno che verrà mi auguro di rivivere le stesse emozioni che abbiamo provato con mister De Zerbi al quale auguro di vivere quello che accadde a Zeman il 15 gennaio 1995 quando con la sua Lazio ritrovò in serie A, allo stadio Olimpico di Roma, il suo passato rossonero. Forza Foggia!!